25 novembre: giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne


Giovedì 16 novembre abbiamo partecipato al presidio davanti al consultorio ribadendo che i luoghi di prevenzioni e di salute ci salvano la vita. L’educazione sessuale, affettiva, al consenso che dovrebbe essere garantita dai distretti sanitari territoriali non sono qualcosa a cui vogliamo rinunciare. Sono previste da leggi nazionali, frutto di battaglie e riflessioni sul diritto delle donne, e sono l’antidoto a una cultura patriarcale che non indietreggia anzi prende forza dal lento disfacimento di servizi e welfare. La politica punitiva del governo Meloni non ha nessun presupposto di contrasto alla violenza di genere, anzi la situazione è peggiorata.

Chiediamo con forza e con rabbia che si interrompa subito l’ipocrita sfilata di gesti e parole vuote, prive di un intento rivoluzionario rispetto la cultura capitalista-patriarcale. Panchine rosse, minuti di silenzio, corsi di difesa personale, città addobbate non possono esistere sole, senza un impianto operativo volto alla protezione delle donne e libere soggettività vittime di violenza e alla prevenzione su molteplici piani (formazione, assistenza, reddito, possibilità di scelta).

Il problema è culturale e il  sistema capitalistico, coloniale e patriarcale va messo in discussione. I femminismi lo hanno detto chiaro sradicando sovrastrutture misogine e razziste a ogni aspetto del sapere.  I transfemminismi sono stati  banditi per questo dalle scuole, dai libri di testo, dalle accademie, dalla medicina, dalla politica perché smontano la culture del dominio, quella cultura che corteggia la morte, che è attratta dalla violenza insistendo erroneamente  sul fatto che sia naturale che i forti depredino i più deboli.

“[…]il culto della morte produce un’angoscia profonda. Più siamo esposti allo spettacolo insensato della morte, degli atti di violenza e di crudeltà, più impauriti diventiamo nella nostra vita di tutti i giorni. Non riusciamo ad accogliere con amore gli estranei, perché ne abbiamo paura. Pensiamo che siano messaggeri di morte che vogliono prendersi la nostra vita. Questa paura irrazionale è una manifestazione di follia, se follia significa aver perso ogni contatto con la realtà. Anche se è più probabile che a farci del male sia qualcuno che conosciamo, e non uno sconosciuto, abbiamo paura dell’ignoto, del non familiare. Questa paura porta con sé un’intensa paranoia e la costante ossessione per la sicurezza.”

Scriveva bell hooks nel suo libro “Tutto sull’amore” per ribadire che non c’è liberazione dei corpi, non c’è giustizia sociale, non c’è vita dentro un sistema valoriale che mette al primo posto il profitto e la proprietà privata trascurando la cura di sé e degli altri.

Scrittrici, antropologhe, docenti, pedagogiste, attiviste transfemministe hanno posto e pongono l’accento sulla messa a valore della vita e sull’amore non in chiave romantica, patriarcale o dogmatica ma come motore di una visione aperta, laica, libera da paure infondate e dal conservatorismo machista. Hanno prodotto testi illuminanti per gettare nuove basi pedagogiche e sociali.

Bisogna uscire dai tracciati del mainstream per riconquistare margini di civiltà e lottare per l’autodeterminazione e la ricostruzione del welfare.

L’educazione sessuale ed affettiva è una pillola di vita in questa giostra di corpi soppressi e uccisi. Formare le giovani e i giovini a questa visione è compito di una società che cerca uguaglianza, rispetto e diritti. È necessario investire fondi per l’aggiornamento dei professionisti della sanità e della scuola per promuovere l’educazione alla diversità. Finanziare spazi di formazione, assistenza, prevenzione è un aspetto fondamentale per mettere a tacere i fiumi di parole velenose che non vogliono farsi carico di un cambiamento radicale ma soltanto colpevolizzare ogni impertinenza al sistema. La cultura dello stupro né è un esempio, una visione distorta e perversa della realtà contro la quale bisogna foderarsi di concetti e azioni.

Una marea si muove, in queste giornate che precedono il 25 novembre, inascoltata ma tenace per resistere all’imbruttimento verso cui ci muoviamo. Sono femministe e transfemministe. Non viene mai detto perche dirlo significa ammettere che il patriarcato esiste e questo ci riguarda tutt*.

È dalla conoscenza delle autentiche condizioni delle nostre vite che dobbiamo tirar fuori la nostra forza per vivere e le nostre ragioni per agire

(Simone de Beauvoir)


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *